martedì 17 giugno 2014

Tema e variazioni Enrico Cavallotti

TEMA E VARIAZIONI

                                                    
                                                        TEMA E VARIAZIONI

                                                                   Ai miei Maestri Gorgia, Spinoza, Voltaire e Cioran


Quante cose belle potremmo fare se non dovèssimo vìvere!
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E' necessariamente pèssima la classe polìtica di un pòpolo che non ha il senso dello Stato.
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Danza Renzi invasato siccome un sàtiro sul fantasmagòrico palcoscènico, abbacinato dalle audaci moine della giòvane Chimera.
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Difficoltà crescenti a dispontenziare, se non ad abolire, il Senato da parte de' Senatori? Non ci si finga maravigliati ed urtati. Forse che la Storia degli uòmini non c'ha insegnato insino al tedio che al suicidio il potere non è punto proclive? L'universale istinto di conservazione avvolge e preserva qualsisìasi ànima e cosa del mondo: non escluso il laticlavio.

Cominciamo la rivoluzione definitiva col danzare in luogo del camminare.
 
Da lunga pezza, anzi da sempre, io mi studio - e gli altri si studiano con me - di migliorarmi. Considerati gli èsiti, fatica tanto commendèvole quanto sprecata. Resto quello che sono, ossia "perfetto", s'è vero com'è vero, che la perfezione è per definizione ciò che non è miglioràbile.
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Mi piace qualche volta andare alla stazione, ed attèndere le arrendevolezze che scendono dal sorriso. Altre volte mi piace Ravel. 
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Allorché s'incòntrano e si sorrìdono in una profonda comunione, la Natura e gli strati più profondi dell' "io" dissòlvono gli orditi della Storia e le rècite della Morale, l'abbaiare delle società e le inanità degl'ideali, ed ogni altra cosa dissòlvono, e per un illusorio momento si dischiùdono ad un barbaglio di totalità, come al vaporoso tratteggiarsi d'una felicità. 
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M'è venuto ormai a noia giocare non solo con le persone ma anche con le parole sebbene mi si mostrino malleabili ed a tutto disponibili come costumate signorine d'una vecchia casa di tolleranza. 
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E dire che m'ero risvegliato stamani così serenato che tutto mi sarei aspettato tranne che mutar d'un sùbito d'umore nell'ascoltare dalla radio a tradimento le ingombre note e dozzinali del "Nabucco" di Verdi.
 
Nessuno di noi esiste di per sé, in modo autònomo. Vagamente intuiamo che il nostro vero ed ùnico èssere è ciò che risiede di noi, tanto o poco che sia, nell'immaginazione altrui. Si è per interposta persona. Sbàgliano quanti crèdono che sia prerogativa della sola morte farci sopravvivere nella memoria dei viventi.
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Una scucciatrice mi dimanda follemente in piscina quale sia il miglior pianoforte sul mercato: a suonar di clàssica. Rispondo scucciato assaje che la fàbbrica austrìaca di pianoforte "Boesendorfer" è da riputarsi, con l'americana Steinway & Sons, la meglio in assoluto. Lo stromento europeo vanta suono mòrbido e vellutato, colore scuro e sensuale, suscitatore di un'atmosfera romàntica e confidenziale: atto sovr'a tutto alle òpere dei compositori todeschi dell'Ottocento: verbigrazia: Schubert, Schumann, Brahms, ma anche Chopin, etc... Quello statunitense emana suono àlgido ed asseverativo, tono razionalìstico ed allure imponente: tetràgono alfiere d'eterni dogmi che s'infìggono nella volta celeste: atto soprattutto ad òpere di Bach, in sostituzione del clavicembalo, di Clementi, Mozart, Beethoven, e, in genere, degli acri e spigolosi compositori del Novecento, in specie di quello perigliosamente inoltrato. Cara scucciatrice pescata in piscina, strimpelli un Boesendorfer quando vien giù sera, e l'ultime nubi si sfanno di dolzore, e riguardosamente li sorrisi fasciano l'anema contro l'immane rovello dell'universo. Strimpelli invece uno Steinway lorché Leibniz fa scienza, e Cartesio fa il lifting alla Ragione e Voltaire astutamente la ingravida. e Wittgenstein magnificamente si tace provocato da sciarade tanto soverchie quanto vane (te tu ti rammenti il di lui "Trattato"?).... Parenteticamente m'ardisco a dire di predilìgere all'ascolto il primo, id est lo stromento absburgico.

A chi vive e s'interessa di pìccole cose torni grato sapere che Wow! in olandese si scrive Wuaw! onde serbare l'istessa pronunzia della favella americana!
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Tutti gli uòmini non costituìscono che un ùnico uomo con una sola idea rifratta infinite volte. 
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Non èssere mai indeciso nelle tue scelte, tanto, comunque scegli, non sei mai tu a scègliere ma la realtà che ti tiene al guinzaglio.
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Talvolta mi pare di scòrgerla: è una colla còsmica che tiene unito e compatto l'universo, di per sé groviglio immane di frantumi eterni.
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Che male c'era a creare noi uòmini in modo che avèssimo avuto dalla culla alla tomba tutto ciò che avèssimo voluto? Il top, od acme, sarebbe stato poi non provare assuefazione al nostro indefesso ed ìlare tirar su il secchio dal grato pozzo di Santo Patrizio. Un po' più di bontà e felicità spiranti pel cosmo mica avrebbe(ro) danneggiato nessuno... O forse, terrìbile ipòtesi, non è stato assolutamente possìbile farlo a chi di dovere?
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Se Dio, o chi per Lui, avesse creato un uomo migliore di quello che ha inteso creare, questi non sarebbe stato disposto a vìvere di tribolose umiliazioni sulla terra e d'inveterati compromessi con il cielo. Io, se sarà legge la risurrezione universale come da taluni è assicurato, vorrò rinascere soltanto quando sarò stato avvertito della creazione di un novello mondo, gioioso ed armonioso, ove l'uomo sia facitore di sé stesso, nessun altro azzardàndosi a concepìrlo e forgiarlo a suo capriccio. 

Che gran tristezza negarsi a sé stessi per non èssere negati dagli altri! A volte, nel colmo dell'insicurezza di sé, si preferisce disprezzarsi per ciò che si accetta piuttosto che correre il rischio d'èssere disprezzati. Poco o punto c'importa di calpestare la nostra dignità se reputiamo in perìcolo l'assenso altrui al nostro partecipare. Teniamo assai più a ciò che sembriamo che a ciò che siamo: è così da sempre, presso le società "civili". Chi si ribella viene emarginato, a meno che non faccia clownescamente rìdere di cuore. Nel qual caso dai convitati gli saranno gettate nella bocca aperta briciole del banchetto cui ha assistito chino da dèbita distanza. 

Anziché all'opprimente Rinascimento di Roma e Firenze mille volte prediligo riandare a quello di Mantova e Ferrara. E vorrei che fra Ferrara e Mantova ogni minuto del giorno e della notte, nei feriali e nei festivi, in tutte le stagioni dell'anno, viaggiàssero àutobus e tassì, omnibus e calessi, bighe e frecce rosse, aerei e zàttere, sì che quasi con lo sguardo se non con la mano si sfiorassero tutt'e due, questi conventi d'Utopìa che pàiono cenobìtici ad ogni ammirazione del fugace forestiero. 
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Essere lìberi signìfica gioiosamente pensare ed agire a vànvera. 

Amàbili amici, sono corso dal mèdico geriatra, il quale m'ha vivamente consigliato di tener in moto l'ormai liso cervello perché lo stesso non precìpiti in una discara discàrica di letargìa ferale. Domandato di qual rimedio dovessi io interessarmi, lo scienziato galenico ha proposto d'esercitare la mia dialèttica a confronto con uno o più amici nel sostenere la tesi contraria a quella da loro scelta e formulata, e poi con gli stessi scambiarsi le reciproche tesi, e sostenerle con eguale passione e apparente convinzione (1). Incuriosito della inusuale prescrizione ho chiesto al mio prode Asclepio ulteriori chiarimenti, sicché egli ha scritto sulla preziosa ricetta: "Prima d'iniziare il giuoco medicamentoso verificare che non si creda in nulla, e soprattutto in una verità "assoluta"; constatare che il carburante migliore per far camminare la macchina intellettuale resta il dubbio, di cui peraltro occorre dubitare come di una qualsivoglia certezza. Prèndere infine coscienza che ignoriamo tutto di tutto e che dunque tutto può èssere e nel contempo non èssere, onde non è dato adombrare non solo una scala di valori, ma gli stessi valori". Occhèi. Chi vorrebbe giuocare a detto giuoco con il mio "io" oggimai infermiccio di testa?
(1) Già i maestri sofisti dell'aurea Grecia spronavano gli allievi a simile procedimento

Vìncere al Superenalotto è d'una facilità bambinesca rispetto alla possibilità d'azzeccare la meno infausta o tediosa fra le mille e mille possibilità d'azione e di pensiero che assèdiano ed insìdiano ogni ora della tua inavvertita giornata. 
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Un bel dì che niente avevi di meglio da fare hai deciso, ardito che sei, di costruirti una tua personale e stringente concezione dell' "io", della vita e del mondo: ciò che in favella tudesca dìcesi "Weltanschauung"? Evita questo labore inùtile, civettuolo e démodé, in considerazione che le tèssere dell'erigendo puzzle non sono destinate a collocarsi nel dèbito posto. Senti a me: dài un calcio a 'st'impotenti lucubrari e vivi piuttosto alla giornata, con mente sfarfalleggiantìssima, e con istinti affatto affrancati dalle muffate e soffocanti consuetudini: aiutato, se càpita, dalle dande della fortuna e della salute a soddisfar le tue secrete e raffinate "gnàgnere" (1), che di sottoporre a giudizio morale niuno oserà giammai arrogarsi il bàrbaro diritto.
(1) "gnagnera" sta per voglia, appetito, capriccio, e se vuoi, su su infino a ùzzolo e libito
 

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Ogni procedimento lògico assume significato se indirizzato a negare sé stesso.
L'uomo è così ugellato (1) dalla Logica (com'è d'altronde schiavizzato dai sùbdoli ricatti della Morale).
(1) forma antica di "uccellare", gabbare, raggirare, etc.... Cfr. Sciascia, "La DC era sicura della vittoria. Tra l'altro, benissimo i democristiani sapevano della legge che poneva l'ineleggibilità dei gerarchi fascisti, dell'ex podestà in mala fede si servivano per uccellare gli elettori"

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La filosofìa occidentale sta tutta racchiusa tra Talete a Socrate. Da Platone in poi è una mesta processione d'uggiose bubbolate. 

A chi o che cosa addebitare il nostro ragionar storto se non alla lògica aristotèlica? Sia essa immediatamente bandita dalle scuole, dai pùbblici uffici, dai discorsi sentimentali. 
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 Càpita quando leggo il libro di un bravo scrittore che mi soffermi su un singolo periodo per riflettere su come lo avrei scritto io, con mie parole. Comparate le due "versioni" chiudo il libro in preda al pianto della più atra stizza.
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Si credeva una mente filosòfica perché si credeva a proprio agio nei ragionamenti complessi. In verità prendeva per complessità la tortuosità.

Non di rado l'intelligenza rafforza la commozione, ma non di rado la commozione annebbia l'intelligenza. 
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Non ci si lasci ingannare dall'apparente somiglianza di Svizzera e Olanda nella comune esaltazione della produzione casearia. La Svizzera ha il suo punto forte negl'imi caveaux d'immisericordi banche, l'Olanda nei lunghi campi ove pròsperano i càlici polìcromi dei tulipani. 
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Nei giorni presenti tripùdiano nella mia Olanda i tulipani e le mùsiche di Bach: a colorare la Natura, gli uni, l'Anima, le altre. 
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Ebraismo, Cristianesimo, Buddhismo, Induismo, Islamismo, Deismo, Politeismo, Ateismo, Agnosticismo, Feticismo.... innùmeri i fàrmaci che ne' sècoli sono stati impiegati se non per abbàttere almeno per minare seriamente lo stato d'infelicità dell'èssere umano, ma nessuno di essi ha mai conseguito, nemmeno in parte, l'alto intento. Qualcosa nel cosmo non torna per ciò che concerne lo scomparto umano. 
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Perché il Cristianèsimo si è comportato in modo così barbaro contro gli erètici quando il Cristo stesso era un ebreo erètico?
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Mottetto (1) pasquale - Agnello mio, nun ciai scampo pe' ddavero. Ciò 'na fame che me te magno puro coll'occhi!
(1) il tèrmine non sia riferito qui all'antica composizione musicale polifònica (che peraltro meglio si sarebbe scritto "motetto") ma al sinonimo di "frizzo" o "lazzo" in una versione di grazioso diminutivo, di pasquale vezzeggiativo


Credo che il contributo fiscale lo destinerò ai Valdesi: "erètici" fra i più avversati dal Cattolicèsimo e ferocemente combattuti dalla Santa Inquisizione. A migliaia morìrono quanti fra loro nei sècoli non vòllero abiuriare. Gente onesta, alacre, umile, ostile ad una Chiesa vieppiù sfarzosa e corrotta. Sul finire del XV sècolo il papa di turno promosse un'appòsita crociata: risultato fu la distruzione dei villaggi e migliaia di morti fra uomini, donne e bambini. Nel sècolo seguente i ribelli valdesi furono catturati dalle truppe del Re di Napoli, fatti prigionieri, processati in massa e molti sgozzati; ed anche il re di Francia ed i Savoia si scatenarono contro di loro, rei soltanto di non èssere cattolici ortodossi. Un culmine della campagna persecutoria s'èbbe nell'anno del Signore 1653 allorché un esèrcito di quattromila uòmini al comando del Marchese di Pianezza sterminò i piccoli centri valdesi di Val Pellice, torturàndone gli "erètici". Del resto, anni appresso le truppe dei cattòlici d'oltr'Alpe e piemontesi avrèbbero eliminato in battaglia circa duemila valdesi, altri sarebbero periti in cella per le disumane condizioni di sopravvivenza, altri ancora sarebbero stati venduti come schiavi... A lungo potrebbe continuare il racconto delle disgrazie di questo pòpolo perbene e tenace, a lungo potrebbe estèndersi la lista dei processi, delle sopraffazioni, delle torture, degli stupri, dei saccheggi e dei massacri subiti... Ma tanto basta, ed avanza, perché ai valdesi vada la nostra solidarietà e alla loro storia disgraziata il nostro profondo rispetto.

A scorrere ad una ad una le pagine della Storia universale dalle origini ad oggi, non è possìbile non vedere la bestia feroce e folle che è l'uomo, così come non è possìbile scòrgere la presenza, o semplicemente il segno, o la promessa, di una bontà divina. Anzi, nel nome di un Dio - qualunque Dio sia stato portato alla ribalta della realtà spirituale - quell'uomo si è scatenato nei sècoli, e si scatena tuttavìa, in azioni che neppure la bestia più folle e feroce saprebbe e vorrebbe còmpiere. Stermini di centinaia di milioni di uomini, eliminazione d'intere popolazioni, e razze, fra torture, roghi, violenze, stupri, eccidi, esplosioni atòmiche, etc... Nessuno oserà dirmi che l'uomo è fatto ad immagine e somiglianza di Dio perché io gli domanderei: "Quale Dio?". 

Non v'ha felicità che possa ricompensarmi di un mal di denti subito. Nulla giustìfica il dolore dell'uomo e nell'uomo, la cui fragilità una sorte tanto arcana quanto spregevole ha voluto bullonare sulla feroce indifferenza del Tutto.
 
Chi può convincermi che qualcuno bada a me e mi sta amorosamente proteggendo, nei momenti in cui lo strazio fisico mi làcera ? La fede me lo può far credere, ma intanto il dolore atroce persiste mentre definitivamente mi spengo. Se la fede fosse la moneta con cui pagarmi la fuga dalla tortura, io ce l'avrei, e se non ce l'avessi diverrei anche ladro pur d'impossessàrmene. Ma alla fine mi troverei senza bottino ed in galera. 
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L'ùnica cosa che forse vale nella vita, l'unico imperativo categorico che ci deve guidare, è l'istinto di ribellione allla miseranda condizione umana, all'impietosa realtà nella quale siamo costretti a campare. Ribellione del tutto vana, utopìa fallimentare, ma segnale della presenza in noi d'una vagheggiata dignità.
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I lavori sul versante tergiversante dell'uomo sono stati presi in appalto, fin dalle origini, dalla religione.

In occasione delle grandi festività religiose alcuni credenti predilìgono pregare nell'intimità silente dell'ànima anziché nel festante trambusto degli osannanti templi.

"Una morale laica"? Che grullàggine! Una morale è sempre "religiosa".
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Se voi uomini vi metteste una buona volta d'accordo su che cosa sia il Bene, seppure controvoglia lo farei. In mancanza di ciò faccio ciò che mi pare, e non azzardàtevi a dire che faccio male. 
 
Qual Paride nell'atto di giudicare la più bella beltade fra le tre mejo fèmmene (Era, Afrodite ed Atena), io mi sento in assai grave imbarazzo nell'assùmere e seguire una morale (1). Le quali sono sì numerose e suadenti e spesso convergenti (non si badi alle loro false contrapposizioni: il succo che da ognuna goccia è l'istesso) che all'uopo mi deciderò per un azzeccato mixer, o sia alato sincretismo, od ètico zabajone.
(1) dìcesi "morale" una covata di principi ntellettuali tradotti in un défilé di atti pratici ad essi affatto contrari

  
Il non-sapere è consapevolezza, il sapere è illusione.
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Bertrand Russel: "Gli uòmini sono intelligenti ma perversi".
Karl Popper: "Gli uòmini sono stùpidi ma buoni".
Non mi meraviglierei se scoprìssimo di èssere perversi e stùpidi.


 Brahms dopo Beethoven, ovvero l'immelanconimento dell'Io, stremato da un'epopea rivelàtasi insostenìbile. 
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Tienti lontano quanto più è possìbile dalle ferali illusioni dell'arte. Rifiutati di ascoltare le note di Bach e Beethoven, di guardare i dipinti di Vermeer e Van Gogh, di lèggere le opere di Ronsard e Proust... Il linguaggio della poesìa è una breve festa in maschera: ti lusinga, risucchia, affattura, e ti spinge a confidare in una torma di fantasmi estetici che però, senza preavviso, vanìscono sul più bello facendoti ripiombare, nudo e indifeso, nell'insulsa realtà del mondo. L'ùnica speranza che ti rimane è quella che anche la miseranda "realtà effettuale" altro non sia che un fantasma, simile ad un fuoco fatuo ingenerato da un arcano capriccio del Nulla, ovvero - ipotesi più verisìmile - ingenerato da un improvviso ghiribizzo dell'umana follìa. L'arte non è dolce bàlsamo alla disperazione ma tòssica menzogna di felicità. L'annessa "catarsi" non ascesi dell'ideale ma raggiro del vero.

J'écoute "Ein Deutsche Requiem". Bien souvent j'ai confié à la pudeur de la musique de Brahms le finissage de mon chagrin. 
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Als ik rijk was, dan kocht ik het aroma van de herinnering niet bestand. 

Dalle vette sublimi del "terzo stile" beethoveniano prende avvìo il ràpido disfacimento del linguaggio musicale che si suicida nel ventèsimo sècolo. Oggi s'aggìrano fra templi diruti mummie sonore orripilanti.

Disse uno scrittore: "Il mio libro più bello è quello che ancora non ho scritto". Annuì un lettore: "Infatti maestro il libro che più mi è piaciuto fra i Suoi è quello che non ho ancora letto". 

Conseguenze paradossali (ma non troppo) - Se l'esistenza è duro travaglio l'omicida sia tenuto per benefattore. 
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A volte traduco i miei pensieri in parole scritte. Ma altre volte, a rileggerle, non capisco più a quale pensiero si rapportino. Sono felice di non capirmi poiché è la mia valvola di sicurezza. 
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Per anni ho parlato, e straparlato, di mùsica, per giùngere alla conclusione che parlare di mùsica è impresa impossìbile: già che esprìmere con i vaghi e traditori segni del linguaggio verbale gli ancor più vaghi e traditori suoni del linguaggio musicale è come parlar di Roma attravero la toma: il resultato è quello di prèndere lùcciole per lanterne. D'altra banda, a trattare di mùsica in tèrmini strettamente tècnici, grammaticali, sintàttici e così via si parlerebbe di mùsica come si può parlare della poesìa di Goethe illustràndola mediante l'anàlisi lògica. Osservava Flaubert in "Madame Bovary" che "la parola umana è come una caldaia incrinata su cui battiamo mùsica da far ballare gli orsi quando noi vorremmo commuòvere le stelle".

Ricordo ancora come mi suonàrono perfette le parole di J.P. Sartre quando ebbe a definire l'universo "gratuito", ossia senza orìgine e senza scopo. 
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Piace la democrazìa, meno piace la tirannìa della maggioranza, che da quella può facilmente discèndere. Il sìngolo "dissidente" ha di vedere soddisfatte le proprie esigenze materiali e spirituali lo stesso diritto che ha ed esprime unànime la gran parte della società. E dove c'è opposizione d'esigenze non può èssere il freddo numero a risòlverla, ma un paziente diàlogo fondato sulla tolleranza tra i più ed i meno, tra i molti e l'ùnico. Tolleranza alimentata dall'intelligenza del rispetto anziché dalla forza (o violenza) della democrazìa. Vero pur è che la tolleranza è nome sovente discaro all'uomo, èssere di per sé non meno àvido che idiota.
 
Che madornal scombuglio prende a mulinare nella testa mia non appena m'avventuro col pensiero di là dalla più felice disposizione e sovrapposizione de' pedalini nel mio odoroso tiroir.
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I peccatori sono indispensàbili alla sopravvivenza del perdono. 
 
Dice il cattolicèsimo che va perdonato il peccatore, non il peccato. Senza pensare che se invece si perdonasse il peccato non ci sarebbero più i peccatori. 
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Nel profondo l'uomo si fida più del proprio cane che di sé stesso. Come dargli torto? D'altro canto la deludente inaffidabilità dell'èssere razionale è comprovata anche dal suo confidar ne' cani, che sono notoriamente èsseri sanz'ànima immortale.
  
Perché Dio non ha creato prima Eva e poi, tratto da lei, Adamo, com'era naturale? E perché in sèguito Dio ha voluto un figlio anziché una figlia? Non è da escludersi che il maschilismo abbia radici antiche assai.
 
 L'uomo teme la morte. Idiota che è! Dovrebbe temere la nàscita.
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Dio ha creato il cosmo infinito. Coi rimasugli - affinché nulla andasse sprecato - ha creato nell'ultimo giorno l'uomo.
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Dio sa che si crea sottraendo. A ciò ha fatto riferimento creando l'uomo.
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Nulla avvicina e congiunge la farsa alla tragedia quanto la polìtica italiana, magistrale raffigurazione dell'Equìvoco.
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 Si lavora per non pensare che si sta vivendo.
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 E' daddovero cosa entusiasmante e corroborante l'andare incontro ad una giornata novella forte della novella, testè appresa dalla Crusca, ch'è grafia lècita la forma antiquaria "ogniuno" accosto a quella, oggimai lisa, di "ognuno". (Dicea Verdi: "Torniamo al vecchio: sarà il nuovo"). A tacer che se t'aggradisse, altresì sarebbe in tuo onesto potere scrìvere "ogn'uno" ed "ogni uno".... Per ciò che mi concerne ho deciso in guisa siffatta: prima de' pasti, o indossando blugins, o nel corso de' lavori più ùmili,o andando di corsa per via, userò la forma smilza e rimprosciuttita di "ognuno". Mapperò sazio di vivande, o nell'ammirare i panneggi d'opifici barocchi, od avvolto di sete e broccati, le membra cosparse d'unguenti preziosi, e l'occhi poggiati su le pàgine d'annunziane imbibite di trèpidi languori, adoprerò la forma pingue e chiatta di "ogniuno".
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Posso anche capire chi uccide per una fesserìa, ma non per un ideale.
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A sera leggo Omero, Boccaccio Goethe, Joyce, eppoi m'addormo. Allora avverto quanto nulla possa il genio contro la magnificenza del sonno.
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Ogni lettura mi delude. Non già perché legga autorùcoli, tutt'altro, ma perché la lettura è di per sé poca cosa.
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I bastardi sono fatti ad immàgine e somiglianza dei semidei. 
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Benché ogni mattina mi lavi l'ànima, a mezza mattinata è già sporca.
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Ogni mattina mi alzo offeso dal giorno che m'attende. 
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Talvolta si prova la sensazione che vìvere sia pèrdere tempo prezioso. 
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Si insegni ai bambini a recitare, prima di coricarsi, una preghiera affinché nasca Dio.
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I sentimenti dei bambini sono òpere imperfettìbili. 
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Parrà bizzarro ma è la pura verità: ho letto più volte Sòfocle ed Eurìpide. Ma quello che da sempre più mi piace è Eschilo, che non ho mai letto.
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 La campagna elettorale quando giunge in prossimità dell'arrivo assomiglia penosamente ad una vera e propria questua.
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L'Italia ha una vecchia madre, che è la Francia, ed una severa badante, che è la Germania. Lo Stivale ha da sempre bisogno di chi lo calzi.
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Il saggio preferisce le delusioni del passato alle illusioni del futuro. 
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Chi dice cose profonde s'aspetti fucilerìe di sbadigli, ma chi dice banalità s'aspetti fidente mucchietti di buffetti sulle guance.
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Ogni nuovo giorno lo trovi in vèndita dal ferravecchio. 
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Il perdono è un'offesa alla dignità dell'uomo. 
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Ti dànno la buonanotte, il buongiorno, la buonasera, il buonpomeriggio, va bene, tutto ok. Ma chi ti dà i buonipasto?
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E quando piove è Dio che piange su noi, latticini. 
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 5 maggio - Oggi a Copenhagen, nell'anno 1813, nasceva Kierkegaard, ed oggi nella stessa città, nell'anno 2014, brilla, ed emana vividi aromi, il ristorante considerato il migliore del mondo, o sia "Noma". Fra filosofìa ed arte culinaria non pàiono èsserci a tutta prima streti connubi, sibbene ambedue mìrino per vie diverse, ma non inconciliabili, al sostentamento ed appagamento dell'èssere umano: carburanti del nostro complicato e delicato motore. Lo studio della "Crìtica della ragion pura" di Kant dà un brividìo all'intelligenza speculante non diverso da quello che dà al palato la barocca degustazione d'un fumigante spaghetto all'amatriciana. Va da sé che la lente a strapiombo sul testo Kantiano ti rende il volto pàllido mentre la forchetta vorticante nell'amatriciana te lo rende vivido; in ogni caso si propenda a ritenere tali differenze questioni di mero cromatismo. I piaceri sono tutti eguali, e l'uno val l'altro, a meno che non ci si metta di mezzo la coscienza con la sua traballante scala di valori, coi suoi "distinguo" inurbani, coi suoi disacconci e kierkegaardiani aut aut, coi suoi moralisteggianti compartimenti (stagno). Il piacere può essere frutto di un vizio, è vero,ed in tal caso è nocivo, ma non è mai frutto di un peccato, che semmai renderebbe quel piacere sublime (si badi bene a stabilire che cosa sia "vizio" e che cosa "peccato": i resultati potrèbbero all'uopo rivelarsi sorprendenti e nient'affatto infausti). Tuttavìa non sarebbe onesto non riconòscere da ùltimo il gran neo del piacere: quanto più dolce esso ci rende la vita tanto più amara ci rende la morte. E' per questa ragione che la saggezza delle religioni ci sovviene e sollècita a ricusare tantìssimi piaceri mondani (direi quasi tutti) onde prepararci, con sensi vèrgini e spìrito immacolato, ai piaceri (o "diletti", nella fattispecie) dell'al di là. Sì che la morte avrà i suoi occhi. Tale l'aureo chef danese di cui sopra che consigli a Kierkegaard di tenersi a colazione assai legg(i)ero, o meglio a digiuno, per dischiudersi gaudiosamente la sera alle innùmeri ed ineffàbili ghiottornìe und delikatessen et gourmandises da lui apparecchiate con afflato paro a dottrina. 
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Come non strìngersi attorno, in un solidale gesto d'affetto, a quegl'infelici oratori polìtici sui quali grava il grifagno destino di parlare senz'èssere creduti?
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Dopo aver gironzolato in lungo e in largo per gl'incalcolàbili "io" che pòpolano il mio èssere, mi sono accorto che tanti di loro provano ira, pochi lo sdegno. 
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Ogni mattina m'alzo di buon'ora per accogliere gli ambasciatori dell'età precìpite. 
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In troppe occasioni mi scaglio contro l'èssere umano anziché provare per lui un sentimento di profonda, compassionèvole e luttuosa ironìa. 
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Non posso non inorridire di fronte a quanto l'èssere umano si è dimostrato e si dimostra capace di fare: e d'èsserne fiero nella sua disumana follìa. 
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Agli occhi e secondo il giudizio delle società civili la realtà italiana appare una sorta di poltiglia in cui guazzano come maiali le mafie. 
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Nell'uomo quasi nulla profuma d'umano. 
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Lo sport è un'occasione in virtù della quale è conceduto all'uomo di nobilitare e sublimare la propria bestialità. 
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 Libertà alle donne? Certo, ma non basta. Soppressione degli uòmini. 
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E' diffìcile, se non impossìbile, definire che cosa sia il "progresso". Forse altro non è che ciò che avventati uòmini rèputano tale.
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La mia massima aspirazione? Essere un ùmile e divoto servitore di ciò che non può èssere. 
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Chi è fiero di sé stesso non ha l'esatta percezione di ciò ch'egli è. 
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Per rispetto di noi stessi non abbiamo il diritto di sentirci cretini, ma di èsserlo sì.
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 "Che jella!" protestò il compositore che componeva quando la musica era già morta da lunga pezza, ossia dalla seconda metà del secolo XX°.

"Dò la colpa agli altri per ciò che sono diventato" lamentò il sociòlogo disperato.
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Gl'intollerabili voltafaccia del gusto rèndono insonne l'estetòlogo, cui ognivolta crolla il sistema o cànone sì faticosamente costruito.
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Come non strìngersi attorno a quegl'infelici oratori polìtici sui quali grava il grifagno destino di parlare senz'èssere affatto creduti?
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La domanda più intelligente che mi sia stata posta è di un anziano signore che mi ha fermato per strada: "Scusi, sa per caso chi sono io?"
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La Storia ci dice che la vita dell'uomo va allungàndosi vie(p)più. La Scienza ci dice che la vita del pianeta terra va a poco a poco esaurèndosi. Non senza misurata preoccupazione, ed a tempo perso, c'è da domandarsi che cosa farà l'uomo il giorno che non potrà più poggiare i piedi sulla terra.
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Poesiola del SOS

De' polìtici
le parole
su l'aqua
sono scritte.
Io annego.

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Proposta programmatica libertaria da appalesare in concomitanza con la campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo.
L'Italia si stacchi dall'Europa, le Regioni dall'Italia, le Provinc(i)e dalle Regioni, i Comuni dalle Provinc(i)e, i Rioni dai Comuni, il cittadino dal concittadino, e l'uomo da sé stesso.

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Si scrive con più intelligenza quando non si ha niente da dire, poiché in tal caso essa ha da badare solo a sé stessa. 
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Cinque domandine infantili.

1) Quale criterio ha seguito Iddio per la scelta dei materiali nella creazione dell'universo? E da chi è andato ad acquistarli?

2) Se l'uomo non esistesse, chi penserebbe a Dio?

3) Perché nella sua corsa disfrenata, e spericolata la mente prende sì tremende capocciate ogni volta che s'imbatte nel concetto di Dio?

4) Dio sarebbe più felice se avesse un padre e una madre?

5) Un giorno, prossimo o rimoto, sarà in grado la scienza di dirci se Dio nacque, e da chi, e quanto a lungo vivrà?
 

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L'arte è uno spuntino che facciamo per bloccare la fame in attesa di un pasto che non sarà mai pronto.
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 Tanti sono i criteri per massimamente godere dell'òpera d'arte quante le ànime che ne gòdono o s'accìngono a goderne. E l'anima dotta non più ne godrà di quella bruta. E il severo spìrito filològico o storicìstico o strutturalista non potra più di un lìbero entusiasmo primitivo. E niente esclude che crèdere il Canzoniere del Petrarca composto l'altrieri da Umberto Saba, o l'"Amleto" da Bertolt Brecht in(n)alzi il picco dell'emozione più di un'esatta cognizione dei dati stòrici, cronològici, etc... Si va incontro a ciò che ciascuno di noi ritiene arte non bardati di sapienza ma sospinti da un'urgenza di sorpresa, giacché l'arte non è una realtà oggettiva che può èsser analizzata, ma un'illusione soggettiva da cui farsi acriticamente investire, al paro di tutto ciò che ci attornia ed àbita. L'arte è un nebuloso faro, un breve approdo, un pietoso ristoro che si finge il marinaio quand'è noiato o spossato dalla navigazione nel nulla dell'esistenza.
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E' un crìmine estetico richiamare e collegare fra loro i singoli elementi "poètici" per costituirne un'òpera d'arte, come fanno da sempre gli artisti. Quanto inùtile spreco, quanti equivoci! Meglio sarebbe, di questi elementi, goderne ad uno ad uno, nella loro forma originaria, nella pura vibrazione e nelle mille potenzialità fantàstiche ch'essi racchiùdono, e dispogliarli, lentamente assaporàndoli, delle innùmeri scorze che li protèggono fino a giùngerne al cuore. Un rosso vermiglio, un sol diesis, una parola, una viola(c)ciocca, un sorriso, una linea ondulata... A definire uno sconfinato universo di mònadi non comunicanti e perfette in sé, alla cui presenza t'avvicini con la stupefazione da cui ogni volta sei preso in prossimità della Scaturìgine.
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Festa della Mamma - Ci giunge notizia che quest'oggi si sta svolgendo con larga partecipazione di pùbblico in tutta la Mongolia del sud-est e parte del sud-ovest un sondaggio inteso a stabilire se, in caso di stretta necessità dettata dall'esigenza di un sensìbile risparmio econòmico, sia più proficuo provvedimento abolire la festa o la mamma. I risultati, per quanto ne sappiamo, parrèbbero presentare una sostanziale parità di preferenze. 
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Il significato ed il lìmite della democrazìa risièdono nella sconfitta della minoranza. La qual cosa esalta la funzione alienante del nùmero ed impedisce il trionfo del Bene ove non corrisponda, come sovente accade, al primato del nùmero. Ma ciò che più rende perplessi è che la democrazìa può portare al potere ciò che le è più contrario, ossìa un regime affatto illiberale, o la più criminale dittatura, grazie alla scelta democràtica di una maggioranza obnubilata contro la vana opposizione di un'avvertita minoranza. La Storia c'insegna che l'egemonìa del nùmero ha talvolta risucchiato l'uomo nella più funesta follìa. Può l'uomo affidare alla mostruosa insensibilità, alla gèlida astrazione del numero il proprio fràgile destino?... (ça va sans dire, resta confermato il giudizio secondo cui la democrazìa è "il male minore". Semmai si aggiunga sottovoce: "Figuriàmoci gli altri". E ci si fermi qui, senza trarre ulteriori conclusioni se non si vuole approdare all'amara constatazione che l'uomo non è fatto né per governare, dati i terrìbili malestri che suole produrre sulle sue vìttime, né per èssere governato, data l'esasperata contraddizione, o frantumazione, o disarmonìa delle sue parti irriducìbili ad unità). 
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Serva il progresso a sviluppare nell'uomo la coscienza della propria animalità. 

Vada,corra il mio doveroso e passionato voto elettorale a favore di colui che ha usato nei miei confronti l'amabilìssima accortezza di non candidarsi. Non sempre in Italia il voto è la manifestazione di una speranza, ché sovente è il segno di un silenzioso rimpianto: rimpianto "poètico", beninteso, di ciò che in realtà non è mai stato. 
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 Più un Paese è corrotto più il vessillo della moralità è sventolato non già per sconfìggere la corruzione ma per nascònderla.
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Vive la persona onesta nel Belpaese non dissimilmente dal bambino che in riva al mare s'industri con una paletta a gettare sulla riva tutta l'acqua che ha dinanzi. 
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Basta con la pruriginosa denuncia di questi scàndali, per la màssima parte inventati o non rispondenti a verità, che offùscano agli occhi de' popoli la bella immàgine dell'Italia. Non parliàmone più. 
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 Ahi! la memoria vanita, che guaio! Che guaio davvero la pèrdita della ritenzione o fissazione delle cognizioni e delle impressioni trascorse. Sarà amnesìa, sarà inconscia inibizione, sarà la naturale azione del tempo che non soltanto scolora il ricordo ma pure lo torce, sarà quel che sarà: che guaio! Già a dir di Platone il conòscere è rammentare e la dimenticanza è ignoranza. Né mi disattrìstano le parole misericordi di Chateaubriand ne "Le memorie d'oltretomba: "La memoria è sovente attributo della stupidità: in gènere appartiene a gli spìriti pesanti, che essa rende più grevi con i bagagli di cui li sovraccàrica". E neppure mi lenisce la melanconìa dell'oblìo la bella e larga osservazione di Balzac: "Dimenticare è il gran segreto delle esistenze forti e creatrici: dimenticare come fa la Natura, che non conosce passato, che ricomincia ad ogni istante i misteri dei suoi parti infaticabili"... Epperò, che guaio! condannato a proiettarmi nel vuoto del futuro dacché s'è dissolto ogni passato, lasciando sul campo altrettanto vuoto.
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Ogni credo religioso pòstula che l'Uomo si conformi al Bene. La realtà constata che il Bene è conformato all'Uomo. 

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 La morale è un'abitazione che il proprietario sottopone ogni giorno a lavori di restauro. 
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Ogni morale è una ricerca del piacere. 
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 Varia la morale da paese a paese, da uomo a uomo, da cane a cane. Morale ed istinto di sopravvivenza coincìdono. Essa non discende dal cielo ma sale dalle vìscere.
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E' verosimile che la forma di astrazione più pura e paradigmatica sia offerta dalla Morale. La pràtica umana la riduce ad istrumento impietoso di potere.

La Morale è una taglia eccessiva per l'uomo. Il quale promette: "Crescerò". Mente sapendo di mentire.
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Ogni morale è il perfetto rovescio dell'umana condotta. 
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Se l'uomo fosse buono di natura il concetto di "moralità" non avrebbe alcun significato. 
 
In orìgine l'interesse privato creò la Morale.
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Anche i vermi hanno una morale? In caso positivo è da loro che essa nasce.
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La Morale è la sublimazione, o catarsi, dell'ipocrisìa.
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"Tu devi!", disse perentorio & parenètico l'ìndice puntato. Rispose serena una voce: "Scùsami se puoi, ma mi confondi con altro dall'uomo". 
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Nel lodèvole tentativo di rifondare la morale Nietzsche notoriamente ammattì. L'evento conferma che il Bene e il Benessere non sono fratelli.
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Si poteva permettere il lusso di avere a servizio una domestica per la casa ed una morale per sé. I mala tempora sopraggiunti l'hanno costretto a licenziare la morale
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 Nei suoi momenti di maggior fulgore mente più la morale che la polìtica.
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 Fàscino sottile del ragionar storto - "Penso dunque sono". D'accordo. Ma in base a cio il moscerino esiste oppure no?
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Non dìtemi che non lo sapete. Non lo so già da solo.
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Il Bello, in quanto fonte d'illusione ed illusione esso stesso, è immorale. 
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Sibbene non controllata ne (1) giunge voce che il giòvine Di Majo starebbe cercando l'occasione di contattare il Segretario dei DS, Matteo Renzi, onde siffattamente rivòlgergli la parola: "Caro Matteo, sta' sereno".
   (1) sta per "ci
"

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Si tenga ognora nel dèbito conto che abbasta un mal di denti per sottrarre all'uomo il commosso piacere della contemplazione delle stelle sopra di sé e della legge morale dentro di sé. Ciò a significare i rapporti che intercòrrono fra l' "oh!" catàrtico e quello guaiolante.
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Furbizia e scaltrezza: companàtico d'Europa, pane d'Italia. 
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 Lo Zambia è uno tra i novanta Paesi del mondo che non sono esenti dalla pràtica della corruzione: non di meno sarebbe una scandalosa mancanza di civiltà non formulare a questa comunità africana vivissime congratuzioni per èssere, insieme agli altri novanta Paesi, meno corrotta dell'Italia: della quale, come ognuno sa, la classe dirigente si mostra da sempre nell'atto di prèndere provvedimenti, per definizione urgenti e risolutivi, intesi a debellare questa tabe (1) bizzarramente quanto inflessibilmente connaturata all'ìndole peninsulare.
(1) dìcesi "tabe" un grave morbo degenerativo a caràttere progressivo
 

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Quanto più in Italia la più vituperosa corruzione avanza, dilaga e tutto travolve e sommerge, tanto più è entusiasmante e bello e nòbile crèdere in una illustre (1) ed imminente palingènesi dell'Onestà.
(1) "illustre" qui usato nell'accezione di luminosa, radiosa, smagliante etc...

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Posso tollerare cento corrotti, ma non un moralista. Il mio interesse si volge più al peccatore che al confessore. Più alla confessione che all'èstasi. Intendo dire che finché m'è dato, vivo.
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Certìfica il premier Renzi: "Lo Stato è più forte dei ladri". Speriamo che tale superiorità sia sufficiente, giacché in Italia i ladri, meno forti dello Stato, sono più forti delle loro vìttime (altrimenti dette "onesti"). 
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Descartes: "Cogito ergo sum".
Parmenide: "...il pensare ìmplica l'esìstere (del pensato)".

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 Ipotesi ardita, ma non troppo: la Terra come discàrica degli Dei.
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Tutti abbiamo sotto gli occhi la lotta silenziosa e furibonda che la volontà dell'uomo ingaggia da sempre contro le leggi tetràgone che govèrnano e muòvono l'universo. Una lotta destinata ab origine alla nostra sconfitta, la quale ci pone di fronte il quèsito irresolùbile se l'èssere umano sia un eroe titànico impastato, come tutti gli eroi, d'ingenuità e stoltezza, oppure una sorta di cèllula impazzita che il sistema còsmico, nel gelo della propria numinosa magnificenzia, tòllera in sé e neutralizza. Non sappiamo se per l'eterno
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Amerei alla follìa il Caso, le sue sublimi capacità combinatorie e le sue vorticose imprevedibilità, se nel suo generare spasmodico non avesse compreso anche l'universo come materializzazione dell'inanità e l'uomo come compassionèvole ghirigoro di questa. 
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Mirabile dictu, proprio! che stamane ho visto sontuosa ed ataràssica quanto impreveduta solcare la via una Rolls-Royce. Parlo, con reverenza, dell'automòbile inghilese d'insuperata magnificenza, di solenne auctoritas, che non dimolti uòmini pòssono possedere, i quali per lo più hanno, au contraire, automòbili modestucce o tapine, ovvero non ne hanno punte, in ispecie ne' Paesi poveri, e vanno girando sui bussi e sui trammmi, accalcati, sudaticci durante l'estate, perforati da fatal spifferi, e manco fanno er bijetto, mannaggia la miseriaccia zozza, ed a loro tornerebbe grata persino una "Trabant" d'antan, o sia quella ridicolosa macchinetta che facèvano nella Germania dell'Est, durante la "guerra fredda" quando le genti avvertivano come trafitte da un brìvido nella schiena il malvìvere del socialismo reale, la tristezza di un'utopìa mancata, il tàcito dolor della pauperie; ed era fatta di cartone ed ogni cinqucento metri s'arrestava, rotta da buttar via ancor pria d'èssere acquistata, dopo che il lavoratore socialista (reale) avea accumulati anni ed anni d'acri sparagni p'avè chilla inenarràbile bojata: oggi però assurta ad oggetto di culto presso i giòvini della buona borghesìa todesca, i quali non s'intèrrano nemmeno loro nella magnìfica ragnatela della ratta metropolitana, che pur le polis fende in quattr'e quattr'otto, e ti ritrovi catapultato da nord a sud, da ovest ad est (e viceversa) che non t'avvedi e nun ciai avuto manco er tempo de penzà ar mènomo pensierino che già sei arivato a distinazzione: ed infatti il proprietario della penna (id est computer) qui scrivente, ancorché risiedente in ìtala contrada, la pija quasi ognora, la metro, benché rara e lumacona, e ne cava motivi d'abbastanza gajardi sollùcheri, mica no, ed ognora ne canta i parecchi vantaggi pràtici a sodali, consanguinei e conoscenti, i quali non di meno dùbbitano della schietta testimonianza essendo assueti al quattroruote, oltre che assueti al dubbio, obliando acussì quanto a proposito del dubbio iva cantando lu Shakespeare 'n el primiero atto di "Misura per misura": "I nostri dubbi sono dei traditori che ci fanno spesso pèrdere quei beni che pur potremmo ottenere, soltanto perché non abbiamo il coraggio di tentare".

Dio e il Caso: chi è il padre e chi il figlio? Se Dio è il padre del Caso, Dio ha generato il Caso come apologìa dell'infinita libertà divina. Se il Caso è padre di Dio , il Caso ha generato Dio come sublime apologìa dell'èssere umano. 
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Suggerimento a gli amici più cari che titubano di fronte al da farsi nel vegnente uichènd. Montate in sella al Caso, e galoppate (ça va sans dire: consiglio di Cavallotti). 
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Il suo Voltaire, in formato ridotto, l'Italia l'ha avuto ad un incirca due sècoli appresso l'originale: Indro Montanelli. 
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Se Dio esiste, è fin troppo. Non resta necessariamente spazio per null'altro. Io per esempio non so rinunziare al timballo di patate al forno con presciutto cotto e mozzarella di bùfala.
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Basta un sonno agitato per trasformare l'estremamente pìccolo in estremamente grande, e viceversa. E ciò nonostante pervicacemente insistiamo ad incasellare le cose al di fuori di noi, in una impossìbile realtà oggettiva. E' da stimare che al di fuori della capoccia dei bìpedi s'estenda il Nulla all'infinito, e che la capoccia sia essa stessa la fola d'una qualche Divinità affabulatrice. 
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"Eudaimonìa", così i greci chiamavano la "felicità", che i latini dicevano "beatitudo" e "felicitas". L'uomo di un tempo identificava la felicità con il "bene" morale. Oggigiorno la felicità consiste, per contro, nel ghiotto uso dei beni sensoriali: o, secondo asseriva il cirenaico Aristippo, nel piacere tout-court. Piacere che a nostro sommesso avviso null'altro è che una forma decisiva e burina, immanente e gajarda assai della stessa felicità. Ah! le plaisir! Et Vergilius enim: "Trahit sua quemque voluptas", "ognuno insegue il proprio piacere"; e basti già il fatto che ognuno è teso ad inseguire il proprio piacere a giustificare il fatto, acre ma inesorabile, che la maggioranza degli uòmini fantàstica sui ribollenti cazzi propri anzi che sull'insapore ed inodore, tergiversante e labescente, bene comune.

Non sempre l'Utile e il Bello sono sovrapponìbili, sicché può capitare che occorra scègliere -  Madame Curie? Grazie,no. Preferisco Aphrodite kallipygos.
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Taluni migranti muòiono prima di giùngere in Italia asfissiati dal fetore che ne giunge.
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Delle cose note è bene tacere per non rènderle superflue, di quelle ignote è bene parlar sèmplice per non rènderle improbàbili
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A meno d'èsser provetto pasticciere, amare il barocco ma non la ridondanza. 
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Barocca fu la prima forma dell'èssere: il Caos. 
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"Nulla è tanto brutto da non poter incontrare il gusto di qualcuno e nulla è così perfetto da incontrare il gusto di tutti" (Pierre Nicole, giansenista di Port Royal, sec. XVII). Tant'è che a me mi piàcciono, per esempio, Dossi, Liala e sovrattutti Guido da Verona e non mi piàcciono, ad esempio, Virgilio, Dante e men che mai Manzoni. 
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A determinare il nostro gusto estètico forse contribuisce il nascosto rimpianto di non èssere ciò che avremmo voluto èssere.
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"I promessi sposi" hanno distrutto vuoi il fantàstico panneggio "barocco" vuoi la levità maliziosa e raffinata della lingua letteraria italiana, così come l'òpera di Verdi l'eleganza e la sottigliezza della nostra mùsica d'arte precedente.
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La scrittura de "I promessi sposi" ha il tono saccente e ieràtico meno d'un romanzo che d'una teologìa ad uso borghese.  
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Penso che la cosa più ferocemente deprimente che mi potrebbe capitare sarebbe, Dio me ne scampi, un pranzo al ristorante con Renzo e Lucia. Perché? Ma vuoi mèttere, metti, Bonnie e Clyde? Vuoi metterli con Lucia e Renzo, due tristanzuoli di provincia un po' ebeti e intollerabilmente vergognosi, che di certo avrebbero tenuto per peccato mortale vuoi mangiare un par d'òstriche vuoi fare l'amore se non a luci spente e sotto spesse coltri e poche volte l'anno e solo in funzione di procreare figliuoli al tutto sìmili a loro, ahiloro? Don Rodrigo era guasto non già nel caràttere, come si pensava Manzoni, ma nel gusto. Ove si dimostrava che l'estètica vale ben più della morale. 
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Non pensiamo mai che l'èssere sarebbe sublime, divino, se non s'intestardisse ad inverarsi negli èsseri. 
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Smettiamo di èssere uòmini e facciamo una buona volta le persone serie. 
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In Italia ora però non s'esàgeri nello sfoggio e nella pràtica dell'onestà: "virtù" sovente ambigua e non di rado cocottina.
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Rifiùtati di dare ascolto alla tua coscienza: abbi fiducia in te stesso.
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L'uomo esàgera nell'èsser tale. S'accontenti d'aspirare ad èsserlo come la filosofìa aspira alla verità senza mai conseguirla.
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Non fece tanta baraonda il cosmo nel suo terrìfico nàscere quanto la fa l'uomo nel suo modesto vìvere.
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Dopo il cùlmine la decadenza, dopo la bestia l'uomo.  
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Credo in un eterno ed infinito Caos (v. greca che signìfica "abisso", "voràgine") che nel suo eterno ed infinito èssere e divenire ha generato, fra infiniti universi da esso generati, anche il nostro universo, vale a dire una infinitèsima parte di sé stesso. Credo dunque che ciò che siamo e che ci attornia in infiniti spazi non sia altro che una modalità del Tutto che oltre la nostra ne comprende altre, infinite ed eterne. Se la mia immaginazione e la mia ragione non riescono ad ipotizzare altro da quanto l'esìstere forma ed invera nel nostro universo, tuttavìa ipotizzo tutt'altre forme dell'èssere negli altri infiniti e sconfinati universi del Caos primordiale. Il non-èssere non esiste per definizione, e pertanto esiste l'èssere: da sempre ed ovunque. Se ne deduce che il Tutto e l'èssere non possono non coincidere e che questo Caos è l'èssere. Se mi domando: ma quando è nato questo èssere e da chi o da che cosa? La risposta immediata è: l'essere è sempre esistito giacché il non-essere per definizione non è mai esistito. E dal non-essere, non essendo mai esistito, non è potuto nascere l'essere. E se l'essere è sempre esistito nessuno o niente l'ha creato. Dall'èssere ( il Caos) sono nate le "cose" per "partogenesi": ad esempio il nostro universo fra gl'infiniti altri. E se credo che il Tutto sia sempre esistito e che nessuno l'abbia creato non posso necessariamente crèdere in un Dio creatore. Oppure, potrei crèdere in un Dio che coincidesse perfettamente con il Tutto. Ma se questo Dio fosse il Tutto io sarei una parte di Dio, e così lo sarebbero il verme, l'albero, l'aria, la luna, il caffé, il nostro universo e gli altri universi... e dovrei concordare con coloro che crèdono che la verità sia quella espressa dal panteismo. Ma perché la nostra ragione dovrebbe ricorrere al concetto di Dio? perché definire il Tutto Dio? Se invece la questione fosse soltanto di carattere nominalistico, il Caos di cui dicevo sopra sarebbe lècito chiamarlo Dio o in qualsìasi altra maniera purché restasse intatta la sostanza non antropomòrfica, non màgica,non volontarìstica, non moralìstica, non provvidenzialìstica del Caos, o Tutto, od Essere.... Tengo qui a rimarcare che il problema esposto in questa riflessione è poca o nulla cosa per uno come me che si trova ora a fronte di una scelta immediata e fastidiosa: se gittare negli spazi còsmici oppure commèttere a sapienti mani di èssere donnesco il pedalino bucàtosi in corrispondenza dell'àlluce sinistro, che al mio risveglio poco fa sì è offerto alla vista d'un sùbito incrèdula e contrariata: incredula perché il pedalino è made in Holland e lì tutto nasce eccellente; contrariata perché oggidì anche un dignitoso pedalino novello ha notoriamente un costo ragguardèvole per quanto l'acquirente tenda all'acquisto guidato da consumata oculatezza e sorretto da pròvvida parsimonia. 
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Pensare è un virus che colpisce l'uomo: virus di cui l'universo non avrà mai notizia. 
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Inùtile pensare: il nocciolo d'ogni pensiero è il nulla, Ciò che è, ossia il mistero, sfugge al pensiero.
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La coscienza è l'anti-io.
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La carità è gesto d'alta virtù sensuale.
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Quanto più la nostra vita avanza nell'età tanto più chiaramente si staglia a noi dinanzi l'impossibilità di scòrgere una luce di verità. A risòlvere quest'esigenza presuntuosa non tarderà a risucchiarci il funesto buio. E che s'è visto s'è visto.
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La Storia ci mostra ed insegna che la religione aiuta l'uomo ma contrappone sanguinosamente gli uòmini. Seguendo un astratto principio democratico dovremmo ipotizzare che il vantaggio arrecato al singolo non valga il danno subito dai molti.
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L'italiano aiuta il suo sìmile a patto di trarne sovr'a tutto giovamento egli stesso. Ma forse è errato attribuire questa peculiarità caratteriale all'italiano, poiché essa appartiene all'uomo tout-court. Il cui profondo e radicale "egoismo" è quanto di meglio la Natura gli abbia porto per tenerlo in piedi. Non si vive grazie al sostegno altrui, ma grazie al proprio egoismo esistenziale. Ma allora la carità? e la beneficienza? e il sostegno morale? e il gesto d'altruismo? e l'atto d'eroismo?... Appartengono tutti alla sfera estètica dell'io che - come una donna a mostrarsi la sera s'imbelletta e calza nera seta, e le labbra le vòrtica di rosso carminio, e le ficcanti poppe le architetta entro un vibràtile gioco dei pizzi, e gli occhi l'attornia di buio a sfolgorarne le pupille di profondo mare - si compiace di spèndersi e spàndersi dopo èssersi assicurato la pensione, frutto di una diuturna e fèrrea applicazione al proprio interesse personale, o sia a quanto di più immisericorde si possa concepire. 
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 Se dovessi salvare soltanto 10 titoli dalla distruzione di tutto il teatro lìrico il mio gusto sceglierebbe i seguenti:
"Tristan und Isolde" e "Parsifal" di Richard Wagner
"Fidelio" di Beethoven
"Le nozze di Figaro", "Don Giovanni", "Così fan tutte", "Die Zauberfloete" di Mozart
"Il barbiere di Siviglia", "La Cenerentola", "L'Italiana in Algeri" di Rossini.
E se dovessi salvarne soltanto cinque, sarebbero:
"Tristan und Isolde" e "Parsifal" di Wagner

 "Fidelio" di Beethoven
"Don Giovanni" di W.AMozart
"La Cenerentola" di Rossini.
Ma se ne dovessi salvare uno, questo sarebbe "Tristan und Isolde" di Wagner
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Non so spiegarmi il perché all'ascolto sento intimamente ed irragionevolmente connessi "Tristan und Isolde" di Wagner e la "Messa in si minore" di Bach.
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Se mi dicèssero di buttare giù dalla torre un cèlebre operista, sceglierei senza esitazioni Giuseppe Verdi.  Fra le sue opere le due che meno mi urtano sono "Otello" e "Falstaff".   
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Pari riluttanza immediata mi crèano l'ascolto di Verdi e la lettura di Manzoni.
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Non amo alcun musicista italiano del sècolo ventèsimo né conòsco musicisti italiani degni di nota fra quelli del secondo Novecento.
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Com'è possìbile che oggi sia tanto eseguito un Nino Rota quanto poco letto un Riccardo Bacchelli? 
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Dùbito se sia più monocorde Vivaldi o Piazzolla.

Nel campo estètico non riconosco altra legge che quella del gusto.
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I giudizi di valore dedotti dai cànoni estètici non durano più a lungo delle impressioni dettate dalla fugacità del gusto.
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Ritengo che nell'òpera d'arte cinematogràfica l'attore, per quanto valente possa èssere, sia una sèmplice pedina, al paro dello sceneggiatore, del responsabile della fotografìa, etc.... L'autore e responsàbile unico dell'òpera è il regista.
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Nell'Italia del Novecento il linguaggio artistico che più ha subito una miseranda involuzione, sino a sfiorare il dissolvimento, è stato quello musicale.
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Elezioni & sondaggi - E' vietata la pubblicazione dei sondaggi ad una settimana dalle elezioni polìtiche. Ma perché mai il paesano non debbe (1) sapere che cosa pènsano e per chi voteranno i compaesani? Mica tràttasi di divulgar nel contado la novella circa il robusto diletto che procura il cacio con le pere.
(1) "deve", arc.
 

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La Storia c'insegna ed ammonisce che le peggio scelleratezze l'uomo l'ha sempre compiute per la conquista del potere. 
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Il rio Fato ha deliberato che fosse l'ovvietà il Caronte che traghetta il mio pensar: sempre che di pensar si tratti e non, com'è più verisìmile, di rincojonito vaneggiar.
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Lìbero non è il pensiero ma il vaneggìo. Per questa ragione gli uòmini, timorosi d'ogni sorta di libertà a cominciare dalla propria, cùrano i vaneggianti.
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Nella mia vita ho frequentato Montale e la Merini. Due mondi poetici antitetici, affatto estranei l'uno all'altro, che in me ora, non so perché, ne costituìscono uno solo, inesplicabile, custodito da una memoria addetta, come ogni memoria, a confòndere e ricreare in tèrmini di trasfigurazione nebulosa i dati delle fluite realtà
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Difesa del "cattivo gusto"
"Amavo le pitture idiote, le sovrapporte, i fondali, le tele dei saltimbanchi, le insegne, le stampe popolari; la letteratura fuori moda, il latino da messale, i libri eròtici sgrammaticati, i romanzi dei nostri nonni, le fàvole, i pìccoli libri per l'infanzia, i vecchi melodrammi, i ritornelli sciocchi.... " (Arthur Rimbaud)
 

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M'aricordo quanno 'na vorta ar ristorante Giggi Fazi se poteva magnà così:
pe' primo, cazzetti d'angelo (120) o carbonara scicchettona (300)
pe' seconno, facioli acconniti cor tonno (600) o capocce de penicillina (S.Q.)
pe' cacio, gorgonzola che puzza o buchi de groviera quasi svizzera
pe' frutta, banana racchia.

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 Perché nei licei gl'insegnanti di letteratura italiana non condùcono i propri allievi alle dimenticate bellezze d'autori raffinati del primo Novecento quali Jahier, Michelstaedter, Papini, Bontempelli, Borgese, Palazzeschi, Cicognani, Boine, etc...? Ciò contribuirebbe, ne sono certo, a non commèttere al cimento universitario giòvani non dirò illetterati ma orgogliosamente e abissalìssimamènte analfabeti. 
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Ai festivals cinematogràfici le dive le tettone van mostrando come barocco frutto dell'arte propria. 
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Che tràgico paradosso crèdere di vìvere e non èsserci. E che paradosso ancor più tràgico èsserci e non vìvere.
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Non pochi fra gli èsseri umani hanno confessato che avrèbbero preferito nàscere vecchi agonizzanti e morire lattanti. Hai càpito, Destino? 
*
Come colui che fa investimenti superiori alle proprie possibilità finanziarie, l'uomo punta sulla propria intelligenza. 
*
 E' opportuno crèdere nella polìtica e nella democrazìa. Purche si abbia chiara la consapevolezza che si tratta dell'ennèsimo gioco inteso a mimetizzare la dittatura del Caso.
*
La cultura può, al più, tornare giovèvole a curare e debellare l'ottimismo.
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Come l'asciugamano nel bagno e il tovagliolo a tàvola, è bene per l'igiene intellettuale cambiare spesso la verità in noi. 
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Sovente l'uomo è un màrtire crocefisso all'esistenza. Né l'attende la risurrezione. Almeno questo.
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Si crede di nàscere, vìvere e mòrire. Forse è vero. Ma si sbaglia chi crede che la successione sia necessariamente questa.
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 Il tempo e lo spazio ci combìnano brutti scherzi. Se potèssimo abolirli potrebbe finalmente tornare alla luce l'èssere al posto del divenire.  
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Non si pretenda troppo dall'uomo. E' frutto di uno sbaglio commesso da lui stesso.
 
Diffida dei nùmeri. Sono irresponsàbili. Si fìngono concordi tra loro ma crèano discordia fra noi.
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La contraddizione è un'illusione di libertà.
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A quanto è venduta alla borsa nera l'acqua benedetta di Lourdes?
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Platonismo - Mi commuovono ed intenerìscono gli èsseri umani, purché costituìscano un ideale da contemplare e non una realtà da affrontare. 
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Quante cose belle potremmo fare se non dovèssimo vìvere!
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Come le droghe, l'alcool e il fumo, i libri sono una tentazione dannosa al benèssere mentale. Amo le case che ne sono affatto prive. 
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Conosco persone, non necessariamente fràgili, la quali preferirebbero èssere òrfane del padre piuttosto che delle loro certezze.
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Vogliàtemi bene: non inoculàtemi il morbo fatale della speranza
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Ogni donna porti in dote all'amato sposo un fèrtile e segreto appezzamento di cielo.

Lo confesso: sono razzista. Razzista fino al midollo. Se fosse per me abolirei la razza umana.
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Ho dato gli otto giorni al mio àngiolo custode. La pensavamo in maniera troppo diversa.
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"Ognuno è artèfice del proprio destino". L'uomo sarà condannato all'infelicità fintanto che crederà a questa rovinosa menzogna.
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 Avèvano visto giusto i greci: anche Dio, colui che sta al vèrtice degli umani, nulla può contro il Destino. 
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Ho sognato che la signorina Miserendino, mia anziana Maestra di terza elementare, alta quale Watussa e assai scarnificata, e nerovestita dal collo a' polpacci, per punizione quella mattina mi faceva escire di classe, rimproveràndomi d'èssere un "edonista" - così ella si pronunziò - giacché s'era il mio guardo bambino aduso a puntare non già lei, titolare di materni saperi, di prodròmiche cognizioni, ma la bella bimba dagli occhietti cerulei, dai biondi capegli e lunghetti, càndida più che giglio nel niveo grembiulino impeccabilmente stirato di prima mattina: non sia azzardato supporre dalla zelante servente (a quei tempi oh! se ce n'èrano di siffatte zelanti! a josa, quasi tutte migranti dal nord-est d'Italy, ancorché talune dalla Sardegna).... "Edonista" io? In vero, "edonista" è l'uomo (più saltuariamente donna) cui garba il piacere: vale a dire l'uomo che còlloca il piacere 'n coppa alla scala dei valori etici: piacere che può èssere d'ogni sorta: sensìbile-godereccio (ad esempio: ascoltare i valzer di Strauss, assaporare l'aringa cruda serrandola per la coda). spiritual-metafìsico (ad esempio: sovvenire a' poveri, adorare Allah), basta che dià sollazzo a qualche parte corporea: al tatto, alla vista, al gusto, a l'olfatto, a l'udito; o all'ànima ed a tutte le maliose sue diramazioni e malsane complicazioni. Aristippo da Cirene, allievo a Socrate ed fondatore della Scola cirenaica - ove ai giovini era insegnato ad esser pratici senza tanti arzigògoli e carabàttole pel capo - asseriva che il Bene è il piacere e, par consequence, il Male è il dolore: e va' a dargli torto all'Aristippo magno, seppur egli, crèdulo, si credea che il piacere menasse dritto dritto alla felicità ed ignorava affatto - ahilui nonché ahinoi - che la felicità l'uomo può soltanto sognàrsela: giammai possedèrsela. Anzi, qualcheduno, se non andiamo errati Epicuro, opinava che se vuoi far felice un uomo non devi punto appagargli i desideri ma piuttosto resecàrglieli tout-court dalla ribollente imaginativa. Esattamente la stessa indicazione che discendeva da Epitteto nel gloriato "Manuale": "La felicità non consiste nell'acquisire e godere dell'acquisito, ma nel non desiderare nulla". (Per vero dire, diciamoncello papale papale. un omo o donna che non desiderasse mai nulla si configurerebbe come un(') incredìbile rompicojoni, e se tutti l'òmmini e donne non desiderassero mai nulla - manco, metti, un lesto coitare semel in anno, semel in vita, toh! - il mondo precipiterebbe esangue e diserto dopo cent'anni: ad un incirca. Onde è forse bene desiderare, seppur desiderare comporti immancabilmente l'infelicità, come sovra accennato. Esser infelici per èssere, soffrire per esistere, già..... Esser dunque masochisti, secondo propugnava nelle sue òpere il conte Luther von Sacher-Masoch nella seconda metà del sècolo decimo nono d.C.: secolo quant'altri mai "stupido", si sa.
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Nel corso della vita gli errori si pàgano, eppure il piacere di certi errori non ha prezzo: né basterebbe una vita a procuràrcelo se non inscritto nel libro imperscrutàbile della Sorte.
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 Per colpa di un incidente molti muòiono, e tutti nàscono.
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