domenica 14 ottobre 2012

Lalla Romano

Un'energìa interiore straordinaria. Il suo dire era improntato a cortesìa e affabilità, ma le sue idee erano rocce inscalfìbili che sfidàvano ogni intemperie. Lalla Romano quando la incontrai nel giugno del 1998 contava novantadue anni d'età (si sarebbe spenta nel 2001) e risiedeva a Milano, in via Brera. Era d'origine piemontese, e traeva forse da questa orìgine la risolutezza da cui era governata e spronata. Era stata una donna assai bella, l'autrice di "Le parole tra noi leggere", d'una bellezza severa e decisa; e di quell'antica apparenza mi sembràvano ancora riecheggiare tratti misteriosi, tenui delicatezze, lucori d'un quieto e pacato tramonto.
La Romano è tenuta fra gli scrittori ragguardevoli del secondo Novecento italiano.

La prima domanda dopo succinti convenevoli: La molesta la banalità che profana il nostro mondo e ci divora con la bocca sgangherata dei mass-media?
 "Non mi molesta perché la sfuggo. Sono molto anziana, esco di casa in rare occasioni, e televisione e radio non li accendo se non in casi eccezionali. Insomma, mi studio di vìvere eludendo quanto potrebbe importunarmi".
Non è facile impresa. "Sono me stessa".
I suoi impegni e gli svaghi di là dalla scrittura?
 "La conversazione, rispòndere alle domande di chiunque venga a visitarmi a casa. Ogni persona è un valore, ed è bene ragionarci a quattr'occhi, seppure i miei occhi non funziònino più: la parola è ciò che ci rende umani. La gente si fida di me perché sono vecchia e dò forse pareri ùtili, sebbene sia incerta su molte cose. La conversazione era un'arte in èpoche più civili della nostra. Oggi è bandita: vi è subentrato il chiacchiericcio".
Scrivere per Lei è liberarsi del mondo o "fingere" di plasmarlo sui Suoi ideali?
"Scrivere non è evàdere ma testimoniare. Nel mio caso è testimonianza del mio rapporto con il mondo trascorso e presente. Non è dato plasmare il mondo bensì la forma delle esperienze soggettive".
Si sente a proprio agio in quest'època nebulosa che si dispone con rutilanti réclames a percòrrere il nuovo millennio? "Si troverebbe a suo agio chi ne partecipasse. Non io. Che vivo come posso, difendendo con la solitùdine quel poco di vita che ho".
Cade il bicentenario leopardiano. E' possibile dire ancora qualcosa del poeta recanatese che non sia scolàstico e ovvio?
"Come di tutti i clàssici, proclamarne l'attualità".
Un verso a Lei caro?
"Dolce e chiara è la notte e senza vento". Verso che non risponde all'universale ed ammirata immàgine del Leopardi doloroso e serrato nel rimpianto. Né racchiude contenuti di particolare rilevanza: anzi, nei primi due aggettivi è già espressa la seconda parte. Eppure ci comunica un poeta fantàstico, lìrico, contemplativo: quello delle "vie dorate e gli orti", e dell'Infinito...Oggi tutti si discute del suo pensiero, ma la filosofìa leopardiana occorre cercarla nello Zibaldone, nelle Operette morali, non già nelle liriche. Io amo la sua poesìa, forte e amorosa".
Perdoni l'impertinenza della domanda: che cos'è la poesia? 

"E' violenza spirituale, immediatezza interiore. Peccato che gli italiani, invece di lèggere i sommi poeti, s'incaprìccino e ambìscano ad èsserlo. La pràtica dell'arte dovrebbe essere tassativamente inibita a tutti fuorché agli artisti".
I poeti da lei prediletti?

 "Dante e Manzoni. Il primo: lèggerlo, rilèggerlo, infinite volte, ed anche aprirlo a caso... Del secondo gli "Inni sacri", che racchiùdono un universo religioso d'abissale profondità. Credo però indispensàbile che i poeti siano letti nella lingua originale, altrimenti è pèrdita di tempo".
Fra gli italiani dei tempi nostri?

 "Apprezzo Giovanni Raboni e sua moglie Patrizia Valduga, e Alda Merini. E del Novecento storico Sereni, Caproni, Penna, Saba e, il più grande di tutti, Montale".
Le Sue passioni letterarie nell'età della giovinezza?

 "Anche da giòvane ho sempre amato i grandi scrittori e disprezzato la letteratura di consumo. Detestavo i romanzi d'allora perché li giudicavo mediocri e m'immergevo in Tolstoi, Dostoievski, Poe, i francesi. I capolavori mi risuonavano quali poemi storici . "Storici" perché affreschi della vita vera".
Lo stile l'assilla?

 "No. Il mio stile è la mia voce, e la mia espressione è il mio stile. Non m'assilla ma mi costa. All'età cui sono pervenuta posso asserire che non c'è più divario tra il mio stile e la mia espressione immediata. I miei libri ora sono più brevi a causa della fatica che mi richièdono. Ma ciò favorisce il silenzio, la riflessione fra un capitolo e l'altro".
Avverte mai sentimenti non compiutamente espressi nella sua scrittura?

 "Se non sono espressi non li ho provati".
Ad un giovane che intendesse lèggere per la prima volta un Suo romanzo, quale consiglierebbe?    "Dovrei prima conòscere quel giovane".
E la musica Le piace ascoltarla?

 "Certo, se c'è silenzio d'intorno. Oggidì mùsica nei grandi magazzini, per via, sui monti, al mare, dovunque, come sottofondo. Il caos. Faccio una telefonata e mi risponde una musichetta, i giovani s'èccitano con la brutalità della percussione e la ripetitività del ritmo, tutti strimpèllano in modo osceno qualche strumento, come tutti scrìvono nauseabonde poesìe. La mùsica esige attenzione, e quel silenzio che manca ai nostri giorni. L'ho sempre amata, ai concerti, alla radio, nelle chiese. Palestrina, Orlando di Lasso, Monteverdi e sovrattutti Bach... Appena nata, mio padre amava suonare il flauto accanto alla mia culla nella speranza che in sèguito io l'apprezzassi. Ricordo che i miei genitori erano sòliti distìnguere le persone secondo che amàssero o meno la mùsica. La stessa poesìa è una forma di mùsica, fiore di tutte le arti".
Frequenta i teatri d'opera?
 "Un tempo la Scala m'invitava agli spettàcoli: mi era riservato un posto nei palchi centrali. Mi piacèvano in specie le òpere di Mozart e di Verdi. D'improvviso gli inviti sono cessati, non so perché. Alla mia età non si può pretèndere tanto".
E la mùsica contemporanea? 
"Soltanto quella che s'appròssima alle zone del silenzio, ad una sorta d'òasi notturna".
La notte La inquieta o rasserena?

 "Le sono amica perché essa è piena di temperamento. D'estate in Liguria è di notte che ascolto il suono del mare che muta secondo il vento e, invecchiando, faccio sempre nuove scoperte".
L'età Le grava?

 "Non l'età ma i malanni fìsici. Il mèdico mi ha spiegato che grazie alla mia attività di scrittrice sono mentalmente immune da vecchiezza. D'accordo, ciò fa un po' rìdere, eppure potrebbe rispòndere al vero sotto il profilo psicològico".
Melanconìe per cose d'un tempo? 

"Sono un caràttere malincònico, ma la memoria è un conforto, talvolta un rimorso, o almeno un rammàrico: per le cose non condotte a tèrmine, per le persone care scomparse. Però sono viva negli affetti e nel ricordo, sempre molto preciso".
E' stata una donna appassionata? 

"Non rispondo sulla mia persona... Scherzo. Sicuro che lo sono stata, e lo sono. Non nei miei libri. Tante scrittrici affèrmano: "Oh! la mia vita è un fuoco...". E gettano quel presunto fuoco sulle loro opere. Poverine. Ignòrano che un conto è la passione, tutt'altro la sua rappresentazione".
Teme la morte?

 "Temerla sarebbe una sciocchezza: senza morte non ci sarebbe neppure vita. Però mi piacerebbe morire nel sonno, in modo inavvertito, com'è accaduto ad una persona che ho molto amato. La morte nel sonno mi sembra un premio alla vita".
Crede nella vita ultraterrena?

 "Per conforto dissi a mio marito che pativa una terribile agonia: "Ci rivedremo nell'al di là", e lui saggiamente: "Mia cara, non ho di queste pretese". In verità non sono credente, non mi pongo domande. Non sono problemi che mi tòccano".

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