domenica 14 ottobre 2012

Karlheinz Stockhausen

L'estètica musicale tedesca ama distìnguere tra "Nurmusiker", il musicista puro, e "Ideenmusiker", il musicista intellettuale. Nella prima definizione si fa rientrare Vivaldi, Mozart, Mendelsshon,  Donizetti, etc..., nella seconda, quale supremo paradigma, Richard Wagner. Ma nel sècolo ventèsimo l'incarnazione dell'Ideenmusiker spetta di rigore a Karlheinz Stockhausen vissuto tra il 1928 ed il 2007: di certo tra le figure più rilevanti e problemàtiche nel panorama della mùsica moderna e contemporanea; tra i maggiori rivoluzionari della storia della mùsica; indiscusso protagonista e iconoclasta dell'Avanguardia, massime negli anni Sessanta e Settanta. Per antonomasia il nome di Stockhausen è l'emblema popolare e universale della mùsica più intorcinata, indecifràbile e matta; della mùsica più antitètica al gusto del largo pùbblico. Spetta non di meno al compositore tedesco il primato delle òpere più vaste e monumentali del teatro d'òpera, come "Licht": òpere superiori persino a quelle badiali di Wagner, del quale egli appare un imponente e stravolto epìgono. Anche lui ha mirato al "Gesamtkunstwerk", "l'òpera d'arte totale" che comprende mùsica, poesìa e danza, cui ha aggiunto azioni precise, gesti del compositore, etc... Ambiziosìssimo progetto teatrale permeato da uno spìrito metafìsico. Nella tetralogìa de "Der Ring des Nibelungen" Wagner si era per così dire "limitato" agli Dei delle antiche saghe nòrdiche, Stockhausen invece prende a soggetto di "Licht" il cosmo nel suo infinito spazio-temporale, ossia l'èssere "sub specie aeternitatis", onde non si può non avvertire una tensione ad abbracciare la realtà del mondo e trascènderla in una teorìa archètipa di sìmboli, nella quale teorìa dovrebbe risièdere il fondamento dell' "Urgrund der Natur", la "causa prima della natura". L'èsito di siffatto teatro è per un verso un flusso sonoro primordiale e magmàtico che s'espande ininterrotto in tutte le direzioni per intrìderle di sacrale ieracità, per altro verso è un altero equilibrio tra trascendenza ed irrealtà, tra misticismo e visionarietà, tra utopìa e sospetto di lusinga...

Incontro il maestro a Roma, una mattina d'aprile del 1981, per riassumere in un breve scritto la sua visione dell'arte musicale.
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Quale significato riveste per te èssere compositore?
 "Significa èssere  un uomo di mestiere, un artigiano che costantemente va alla ricerca dei nuovi aspetti di un linguaggio, di una tècnica linguìstica. Il processo di serializzazione, cui hanno contribuito numeròsi musicisti di là da Schoenberg, Berg e Webern, si è enormemente sviluppato negli anni Settanta. Io ho applicato alla serializzazione tutti i parametri della costruzione e dell'espressione musicali, non escluso il gesto mìmico che accompagna, illùmina ed ìntegra il suono".

Che cosa aspira ad esprimere la tua mùsica?

  "Non posso rispòndere correttamente in senso unìvoco poiché ogni òpera è un'entità autònoma ed assume un significato specìfico. In termini vaghi diciamo che la mia mùsica è volta ad assùmere e manifestare in vita di suono la relazione fra i ritmi che a noi è dato intuire tra le stelle, i pianeti, gli àtomi che vòrticano nell'universo. La mùsica è, e dev'èssere, un'esplosione di conoscenza del macrocosmo. Non soltanto io, bensì ogni compositore tende nella propria òpera ad un modello conoscitivo dell'universo, al cui centro è posto l'uomo".

In Europa, e in maniera particolare in Germania, numerosi giòvani compositori, definiti neoromàntici, pàiono interessati al ricùpero della "melodìa" e di una cifra più squisitamente lìrica. Quasi un rifiuto della mùsica radicale e d'avanguardia. Come giùdichi questo fenòmeno? 

 "Le creo anch'io le cosiddette "melodìe", vale a dire quelle forme archètipe che si fìssano nella memoria ed aiùtano l'ascoltatore a seguire lo sviluppo di una composizione anche nei suoi aspetti rìtmici e armònici. La melodìa non è di per sé un elemento reazionario: il vero problema è piuttosto operare una sìntesi tra le linee determinate dagli intervalli più complicati e desueti e da quelli più ovvi e tradizionali. Chi si lìmita ad impiegare le funzioni armòniche già lise e consunte denunzia carenze e vuoti di fantasìa. Così come al giorno d'oggi taluni musicisti sèmbrano aver risolto qualsivoglia problema compositivo previlegiando il paràmetro tìmbrico".

Non ritieni che la mùsica occidentale abbia sempre trascurato la funzione rìtmica, fatta forse eccezione degli ùltimi decenni, e che rispetto alle esperienze delle civiltà orientali e africane il ritmo europeo sia rimasto bloccato a livelli affatto primitivi se non rozzi? 

 "Certo. Ciò è accaduto perché il nostro sistema musicale fin dal Medio Evo si è poggiato sull'armonìa e ad essa ha condizionato tutti gli altri elementi strutturali. Ovvero, la semplicità della rìtmica occidentale altro non è stata che una conseguenza dello straordinario sviluppo dell'armonìa. Soltanto ora stiamo prendendo coscienza che le due funzioni rivèstono pari dignità".

Ha una  funzione specifica l'avanguardia? 

 "Penetrare nell'ignoto e rivelarlo razionalmente; dischiùdere il futuro e condurlo al presente. Soltanto la mùsica che sottopone a perenne dubbio il concetto stesso di mùsica ha diritto di definirsi d'avanguardia".

Ma credi che sia comunque possìbile fare arte senza fare avanguardia? 

 "Sarei sciocco se lo negassi. Tale è ad esempio la mùsica "funzionale": la mùsica intesa a servire ai bisogni quotidiani, che pertanto non ha l'òbbligo morale di seguire questa evoluzione permanente del linguaggio dei suoni e della conoscenza".
 In quale relazione si pòngono tècnica e contenuto? Ci còrrono differenze?
  "Nessuna. Il contenuto è nuovo se nuova è la tècnica di cui il linguaggio si serve per comunicare tale contenuto. Un'invenzione tècnica apre automaticamente nuove prospettive, e le nuove sensazioni che proviamo ci sprònano a penetrare nuovi "misteri": a volte si corre, altre si rallenta, ed altre ancora ci si ferma. In verità, nel nostro presente la mùsica sta attraversando un formidàbile perìodo di sviluppo linguìstico e di ricerca del nuovo: perìodo iniziato negli anni Cinquanta quando si è iniziato ad usare i nuovo strumenti elettrònici, i generatori di suoni, i mixer etc... Oggi siamo giunti appena ai primi traguardi".

E il pianoforte, il violino e la chitarra? E la stessa orchestra? Saranno ancora necessari od ùtili alla mùsica del futuro o verranno conservati nei musei? 

 "Gli strumenti che tutti conosciamo e amiamo verrà il giorno che serviranno soltanto a conservare e tramandare le òpere del passato. Vorremo sempre ascoltare le Sinfonìe di Beethoven come sempre vorremo ammirare le tele di Tiziano, e sempre le Sonate di Mozart come il Partenone d'Atene: quindi ci sarà sempre bisogno dell'orchestra, del pianoforte etc... Però dimmi se oggi qualcuno compone ancora musica, se non per boutade o capriccio, riservata a strumenti dell'Antico o medievali quali la fidula, la ribeca, l'olifante o la tromba marina".

Nella corsa sempre più frenètica della tecnologìa applicata alla mùsica, il musicista avrà ancora possibilità di distìnguersi dallo scienziato? 
 "Premetto che oggi multi musicisti che s'interèssano al materiale sonoro in laboratorio sono ingegneri e non musicisti. L'artista è colui che utilizza i principi della combinazione del nuovo materiale per creare nel presente forme e mondi del futuro. Onde richiamare l'ànima degli altri nella voràgine della conoscenza".

Perché la mùsica è "progredita", per usare un tèrmine a te caro, più nel Novecento che nel lento trascòrrere delle civiltà barocche, clàssiche e romàntiche?
  "Il motivo è palese: il progresso musicale odierno è connesso allo sviluppo della tecnologìa, alla fìsica atòmica, alle nuove scienze della genètica, della biologìa, della matemàtica statìstica, della linguìstica... Inoltre oggi la mùsica occidentale non è più chiusa in una turris eburnea. L'Europa musicale ha conosciuto l'Oriente, l'Africa, i vari stili dell'Amèrica latina e centrale. La terra è diventata un villaggio. La nostra època ha chiuso il primo capìtolo della storia della mùsica. Come l'uomo è andato sulla luna, così l'arte dei suoni ha scoperto nuovi spazi, la cui ricchezza è entusiasmante".

Pensi che l'intelligenza alloghi anche in altri mondi? 
 "Non ne dùbito affatto". E dunque può èsserci  un'altra mùsica oltre quella terrestre? "Ogni pianeta abitato dallo spìrito possiede una propria mùsica e propri strumenti, similmente ai vari stili in uso sulla terra. Il nostro stesso spìrito, quando non è racchiuso e prigioniero nel corpo, è capace di percepire la mùsica del cosmo e degli elementi che vòrticano negli spazi".

Già il pensiero greco ed in particolare quello pitagòrico parlavano di mùsica delle sfere. Una mùsica che tuttavìa era da intèndere più come armonìa ed equilibrio dei moti dei corpi celesti che come oggetto d'esperienza umana, intuitiva od intellettuale. Tu mi pare che vada oltre su questa strada, affascinante sì, ma poco o punto verificàbile. 
 "Ricòrdati però che i greci sono stati i maggiori razionalisti della storia ed i primi scienziati della civiltà occidentale. D'altronde io ho individuato mùsiche incredìbili, appartenenti al microcosmo: utilizzando speciali micròfoni, come il mèdico usa lo stetoscopio, ho colto suoni che nessuno prima aveva immaginato o ipotizzato. Sono i suoni, le vibrazioni più fini che esìstano all'interno delle cèllule e delle molècole. Ecco che dalla scoperta di nuovi materiali deriva l'esigenza di una organizzazione della forma. Materia e forma hanno del resto progredito sempre di pari passo". 


Perché i comuni mortali preferìscono di gran lunga Bach a Boulez, Haydn a Maderna, Brahms a Stockhausen...? 

 "Perché ciò rientra nell'òrdine naturale delle cose. Quanti ancor oggi non hanno mai ascoltato Haendel o Haydn pur essendo il gusto di massa della civiltà occidentale fermo al linguaggio sette-ottocentesco? Il cammino per avvicinare la sensibilità comune alla mùsica di un Boulez e di uno Stockhhausen è lungo e lento: esigerà secoli di maturazione. Ma qui il discorso si fa più ampio. Io dico che la stragrande maggioranza dell'umanità ha, ed è giusto che abbia, una costituzione spirituale e una funzione di tipo conservatore. Sarebbe un danno irreparàbile se nella società prevalèssero le spinte centrìfughe. La proporzione fra conservazione ed innovazione deve pèndere in modo inequivocàbile dalla parte della conservazione affinché la vita si serbi armoniosa e stàbile. E' d'uopo conservare e lasciare a pochi il còmpito d'esplorare il nuovo. Ti faccio un esempio: da due mesi sono in Italia. Ebbene ogni santo giorno prego Iddio che gli italiani impàrino a conservare meglio i loro beni inestimàbili: dalle infinite òpere d'arte ai boschi, dalle strade che percòrrono alla natura alpestre e marina... Quanto deve ancora imparare questo pòpolo!".

I maggiori teatri lìrici òspitano le tue opere. La tue composizioni sono quasi tutte registrate da una casa d'incisione tedesca di prestigio internazionale: il catàlogo contempla una settantina di dischi. Ben pochi artisti viventi sono in grado di vantare una diffusione così capillare e costante delle loro òpere (anzi, la mùsica degli artisti contemporanei, a torto o a ragione, non trova che spazi mìseri e assai saltuari). Sei soddisfatto? 

 "Non propriamente. Vorrei che il pùbblico ascoltasse e giudicasse la mùsica che compongo senza subire l'influenza di voi musicòlogi e crìtici. Vorrei che ciascuno si formasse delle mie òpere un'idea originale. Del resto i concerti comprendenti miei lavori sono ancora pochi e la maggior parte degli intèrpreti di grido si rifiuta di mètterli in repertorio, o addirittura d'eseguirli una volta. Ho soggiornato per sei mesi in Giappone, ad Osaka, in occasione dell'Esposizione universale, e la mia mùsica è stata ascoltata da più d'un milione di persone. Sì, sul momento ero soddisfatto, poi ho riflettuto: che cos'è un milione di persone a fronte dei centocinquanta milioni di giapponesi od al miliardo circa di cinesi che non mi hanno mai ascoltato? Come vedi, tutto è terribilmente relativo...".

A tuo parere, che cosa differenzia la mùsica dalle altre arti? 

 "Un'organizzazione strutturale e linguìstica assai più intelligente. Il pittore, il poeta, lo scultore, l'architetto, il drammaturgo hanno sempre idealmente mirato alla ferrea logicità della mùsica. Ancora: la mùsica è penetrata da chiunque suoni uno strumento mentre le altre arti sono serrate in se stesse. La mùsica è in Occidente la più alta e sviluppata disciplina dell'attività umana. Soltanto in Giappone vi è qualcosa d'altrettanto perfetto: l'arte preziosissima di fare il tè e la composizione floreale".

Che cosa manca ancora alla felicità del mondo? 
 "Il futuro".
Credi in Dio? 
"Sì, credo in Dio. Sono un àtomo di Dio. Partècipo del suo corpo divino. Io, tutti noi siamo in Lui; l'universo tutto, che costituisce la più bella sinfonìa che possa èssere udita: nel passato, nel presente, nel futuro".
E nel diàvolo? 
 "Esiste anche il diàvolo. E' lo spìrito malsano dell'universo che vorrebbe impedire l'ingresso dell'uomo nel processo dell'evoluzione còsmica".
Ti consìderi un genio?
  "Sono quello che sono, e non ho tempo da pèrdere nelle definizioni. Lo decìdano i musicologi, o gli stòrici della mùsica quando sarà".



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